Michele Aportone, di 71 anni di San Donaci, è stato condannato all’ergastolo e all’isolamento diurno per un anno per l’omicidio del carabiniere Silvano Nestola, avvenuto il 3 maggio 2021. La Corte d’Assise di Lecce ha stabilito che Aportone ha ucciso Nestola a colpi di fucile perché non accettava la relazione tra l’ex carabiniere e la figlia Elisabetta.
Il movente individuato dalle indagini è stato il rifiuto della relazione da parte della famiglia di Aportone, in particolare della madre, Rossella Manieri. Nel corso del processo, è emerso che Aportone aveva piazzato un GPS nell’auto della figlia per monitorare ogni suo spostamento, insieme alla consorte. Le posizioni della vettura erano state controllate frequentemente dalle due utenze.
La scoperta della relazione e le pressioni contrarie alla stessa erano state evidenziate anche da una registrazione di una discussione tra il militare e la madre di Aportone, tredici giorni prima dell’omicidio. Durante le perquisizioni, è stato trovato un GPS piazzato segretamente nell’auto della figlia.
Le indagini si sono basate su telecamere di sorveglianza e sul rinvenimento di un GPS. Le immagini delle telecamere hanno registrato gli spari e fissato l’ora del delitto alle 21:52. Aportone avrebbe utilizzato un camion e uno scooter per raggiungere l’abitazione della sorella di Nestola, dove avvenne l’omicidio. La difesa ha cercato di dimostrare l’infondatezza delle accuse, sottolineando la mancanza di prove dirette, come la scoperta dell’arma, e suggerendo che le indagini si basavano su congetture.
La difesa ha inoltre affermato che il controllo della figlia attraverso il GPS era una preoccupazione legittima dei genitori, data la fragilità della stessa. Dopo la lettura della sentenza, la difesa avrà la possibilità di visionare le motivazioni del dispositivo e valutare eventuali ricorsi in appello.