Ladro ucciso durante la fuga in auto, accuse archiviate a Carabinieri e guardia giurata

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Il commando di malviventi era entrato in azione nella notte tra il 3 e il 4 ottobre del 2018. Un gruppo di banditi era giunto a Ponte Felcino e aveva razziato la tabaccheria di via Messina, ma erano stati colti sul fatto da una guardia giurata e da una pattuglia di Carabinieri. Nel conflitto a fuoco era morto Eduart Kozi, 50enne albanese, raggiunto alla testa da un proiettile e lasciato dai suoi complici morto nell’auto utilizzata per la fuga.

Carabinieri e guardia giurata, allo scattare dell’allarme intorno alle 4 di notte, si erano subito recati sul posto e avevano visto un’Audi e i ladri armati e con il passamontagna. Avevano intimato l’alt, ma i banditi con una serie di manovre si erano allontanati, cercando di speronare per due volte le auto di servizio dei Carabinieri e del vigilante. Militari e guardia giurata avevano esploso 14 colpi di arma da fuoco “prevalentemente contro l’autovettura” secondo pubblico ministero e giudice per l’udienza preliminare. Proprio in questa fase, inoltre, il malvivente deceduto sarebbe stato colpito da una pallottola alla nuca (sparata da uno dei due carabinieri).

Nella fuga, infatti, l’auto dei banditi “nel momento in cui uno degli indagati puntava la pistola verso lo pneumatico posteriore destro”, effettuava una rapida retromarcia, con frenata e sottosterzo al fine di invertire la marcia e fuggire. Questa manovra avrebbe abbassato l’auto di 6 centimetri e mezzo e il colpo destinato agli pneumatici avrebbe raggiunto il lunotto posteriore e la testa del bandito. Dei 14 colpi esplosi 8 sono finiti sulla carrozzeria dell’auto, 1 ha ucciso Kozi, mentre gli altri 5 non hanno raggiunto alcun bersaglio.

Nella sua decisione con la quale sono state archiviate le accuse a carico dei due militari e della guardia giurata, il gip Margherita Amodeo scrive che “La condotta dei malviventi è stata quella di porre in essere manovre violente e pericolose pur di aprirsi un varco e guadagnarsi la fuga, azionando ripetuti speronamenti contro la Panda in uso alla guardia giurata, posizionata trasversalmente davanti all’Audi, e percorrendo traiettorie tali da mettere in pericolo anche l’incolumità fisica dei vigilantes”.

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I complici avevano abbandonato l’auto ormai “bruciata” nei pressi della stazione ferroviaria di Ponte Felcino con il compagno morto e tutta la refurtiva composta da stecche di sigarette, gratta e vinci e denaro.

Secondo il pubblico ministero i carabinieri e la guardia giurata, difesi dagli avvocati Nicola Di Mario e Alessandro Vesi, avrebbero agito correttamente, sparando contro l’auto e mai ad altezza uomo, nell’adempimento dei loro compiti, cercando in interrompere il furto e la fuga. Il malvivente era stato raggiunto da un proiettile esploso nella concitata azione dell’inseguimento, durante la quale il conducente dell’auto aveva cercato di travolgere i carabinieri intervenuti sul posto. I familiari del malvivente deceduto, assistiti, dall’avvocato Antonio Cozza avevano chiesto un supplemento di indagine, chiedendo di sentire anche i residenti della zona e un ulteriore accertamento balistico.

Per il gip Amodeo, però, “appare ragionevole e corretta la conclusione del pm allorché afferma la sussistenza della legittima difesa putativa ingenerata dalla situazione di pericolo creata dagli stessi malviventi”. Azione di fuga violenta e concitata, avvenuta “in pochissimi secondi”, con gli intervenuti che hanno agito correttamente, con il colpo mortale dovuto ad un “errore di esecuzione” dovuto alla modalità di fuga dei malviventi.

L’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva scritto un post sui social in cui affermava che Carabinieri e guardia giurata avrebbero meritato “un premio, non il processo” in quanto avevano “rischiato la vita” per aver fatto “solo il loro dovere”.

I difensori dei tra indagati hanno espresso soddisfazione per il provvedimento del gip. L’avvocato Vesi ha commentato: “Il mio assistito ha agito con coscienza e professionalità quella notte. Adesso è la fine di un incubo”. Per l’avvocato Di Mario “il comportamento dei militari è stato sempre doveroso e legittimo nell’adempimento dei doveri dell’Arma”.

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