Forze Armate e Polizia | Focus sulla sentenza della Corte Costituzionale riguardante la Retribuzione Individuale di Anzianità (RIA)

Forze Armate e Polizia RIA

La sentenza della Corte Costituzionale, depositata il 11 gennaio 2024 e numerata come n. 4/2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 51, comma 3 della legge n. 388/2000 (Legge finanziaria 2001). In particolare, la Corte ha ritenuto illegittima la parte che escludeva la proroga al 31 dicembre 1993 come termine utile per la maturazione dell’anzianità di servizio ai fini dell’ottenimento della maggiorazione della Retribuzione Individuale di Anzianità (RIA).

Questa decisione ha suscitato molte richieste di chiarimenti da parte dei colleghi, che sono interessati a comprendere le conseguenze di tale pronunciamento e gli eventuali impatti sulle buste paga. Per cercare di fornire una maggiore chiarezza sulle dinamiche scaturite da questa sentenza, è importante comprendere cos’è la Retribuzione Individuale di Anzianità (RIA).

Cos’è la Retribuzione Individuale di Anzianità (RIA)

La RIA è un elemento del trattamento economico fondamentale, individuale e specifico per il personale contrattualizzato nei comparti dei Ministeri e del comparto Difesa e Sicurezza, sia a ordinamento civile che militare. Ciascuno di questi comparti è disciplinato da una normativa di riferimento distinta.

La sentenza della Corte Costituzionale implica probabilmente che la proroga al 31 dicembre 1993 sarà considerata valida per la maturazione dell’anzianità di servizio ai fini della maggiorazione della RIA, portando potenzialmente a modifiche nelle modalità di calcolo e corresponsione di questo elemento retributivo.

Attualmente, per il personale del comparto Difesa e Sicurezza, sia a ordinamento civile che militare, la Retribuzione Individuale di Anzianità (RIA) è stata congelata a partire dal 1 gennaio 2005, in seguito all’introduzione dei parametri per determinare il trattamento economico fondamentale del personale. Nonostante le innovazioni introdotte, la RIA ha subito un solo incremento con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 147/1990.

La questione legata alla proroga fino al 1993 è emersa con il decreto legge n. 384 del 1992, quando il governo in carica ha prorogato i contenuti del D.P.R. n. 44 del 1990 anche per il triennio che va dal 1991 al 1993. Questo ha portato le amministrazioni a sostenere che la proroga non riguardasse gli scatti di anzianità, indicando che il requisito di 5, 10 o 20 anni doveva essere comunque soddisfatto entro il termine del 31 dicembre 1989.

I dipendenti pubblici, al contrario, sostenevano che il provvedimento del governo avesse effettivamente spostato di 3 anni, dal 1990 al 1993, la proroga dei contenuti del D.P.R. 44/1990. Un intervento successivo del governo con la finanziaria del 2001 (legge n. 388 del 2000) ha chiarito gli effetti della proroga, estendendola a tutti i provvedimenti del D.P.R., con l’eccezione degli scatti di anzianità.

In un contesto di incertezza derivante dalle decisioni normative del governo, i dipendenti pubblici hanno intrapreso azioni legali, che hanno portato molti giudici a esprimersi favorevolmente verso i ricorrenti.

La Corte Costituzionale e la Sentenza sulla RIA

La Corte Costituzionale, con la sentenza in questione, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 51, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Questa disposizione, intervenuta in modo retroattivo, escludeva l’operatività di maggiorazioni alla retribuzione individuale di anzianità dei dipendenti pubblici in relazione al triennio 1991-1993. Questo intervento si è scontrato con l’orientamento giurisprudenziale che, al contrario, stava riconoscendo a tali dipendenti il diritto a ottenere questo beneficio economico da parte delle rispettive amministrazioni di appartenenza.

Saranno ora coinvolti dal provvedimento tutti i ricorrenti degli anni passati che hanno richiesto il riconoscimento degli scatti di anzianità maturati tra il 1990 e il 1993, ma è ancora prematuro stabilire se il provvedimento potrà essere esteso anche a nuovi ricorsi.

La decisione della Corte Costituzionale non si applica al personale del Comparto Difesa e Sicurezza, in base ai riferimenti normativi citati nel provvedimento, ma si limita al personale del Comparto Ministeri/Funzioni Centrali.

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