Covid, poliziotto muore a 58 anni: «Entro in intensiva, sulla mia lapide lo scudetto del reparto»

Polizia di stato
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Un poliziotto di 58 anni, agente del reparto mobile di Padova, è morto per le complicanze dovute al Covid. L’uomo avrebbe contratto il virus a luglio, mentre era in servizio temporaneo all’Hotspot di Taranto, struttura che ospitava oltre 300 migranti e dove era scoppiato un focolaio che aveva portato al contagio di 33 persone. «Un altro collega – commenta Fabio Conestà, segretario generale del Movimento Sindacale Autonomo di Polizia (Mosap) che ha diffuso la notizia — ci lascia a causa di questo maledetto Covid. Dal 13 al 23 luglio era in trasferta a Taranto dove è stato impegnato presso l’hotspot».

Candido Avezzù, residente a Mestre, aveva scoperto di essere positivo il 28 luglio quando, sui social, aveva avvisato di essere stato ricoverato a Jesolo. «Non è un posto dove passare le vacanze, spero di andare a casa stamani», aveva scritto sul suo profilo Facebook per avvisare gli amici e al contempo tranquillizzarli. Le sue condizioni, che inizialmente non destavano troppe preoccupazioni, erano presto peggiorate tanto che l’agente, il 10 agosto, era stato trasferito in terapia intensiva. «Entro in intensiva. Sullo lapide lo scudetto del 2, grazie», aveva scritto sempre sui social poco prima del trasferimento, riferendosi al simbolo del suo reparto e non mancando di sdrammatizzare il momento con l’ironia che – dicono i colleghi — lo caratterizzava anche nelle situazioni più difficili. Tifosissimo dell’Inter Candido Avezzù non ce l’ha fatta e immediatamente la sua bacheca social si è riempita dei ricordi di amici, colleghi e conoscenti.

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Il sindacato Mosap ha ribadito che Avezzù aveva contratto il virus mentre era in servizio in un hotspot dove era scoppiato un focolaio che aveva coinvolto 33 ospiti e due agenti (uno era lui). «Denunciammo già all’epoca questa situazione e, a distanza di un mese, arrivano le terribili conseguenze», continua Conestà che si stringe «alla famiglia del collega in questo momento di dolore». «Non sappiamo — conclude il sindacalista — se il collega fosse o meno vaccinato, ma al di là di ciò non è ammissibile permettere sbarchi in modo incontrollato, in piena pandemia. Ci impongono assurde regole come il green pass nelle mense e poi ci mandano al macello, in mezzo alla folla, negli hotspot, a contagiarci e a mettere a rischio le nostre famiglie oltre che i nostri colleghi».

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