Catanzaro, droga e telefonini in carcere, 26 arresti tra cui l’ex direttrice. I dettagli dell’operazione Carabinieri – Polizia penitenziaria

Polizia Penitenziaria carcere catanzaro

“Vi abbiamo fatto entrare tutte cose tramite pacchi, dice.. qua vi faccio stare bene, e mi fate un mancato rientro?… Dice, che so che in questo carcere entrano… che c’è fumo (hashish, ndr), che ci sono telefoni per farvi stare tranquilli, e non entrate nelle celle?”. È questa una delle frasi choc che hanno portato all’arresto di Angela Paravati, ex direttrice del carcere di Siano a Catanzaro.

I dettagli dell’operazione Carabinieri – Polizia penitenziaria

I carabinieri non l’hanno intercettata direttamente ma hanno registrato un detenuto mentre lo raccontava alla compagna per spiegarle le ragioni della protesta avvenuta, in quei giorni, all’interno in carcere. Una protesta che sarebbe poi rientrata. È sempre lo stesso detenuto che parla: “La direttrice c’ha chiamato, ci ha detto fatevi mandare quello che vi pare, i pacchi non sono controllati”.

Due i sodalizi criminali sgominati dai carabinieri e dal Nucleo investigazione centrale della polizia penitenziaria coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro: l’inchiesta ha coinvolto in totale 38 indagati, di questi 16 sono finiti in carcere, 10 ai domiciliari, 5 con l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e 7 con la sospensione dall’esercizio delle funzioni il procuratore vicario di Catanzaro, Vincenzo Capomolla, che ha parlato di “quadro inquietante” specificando però che “il sistema penitenziario ha dimostrato comunque di avere al suo interno gli strumenti per assicurare il rispetto delle regole e della funzione istituzionale a sostegno dei detenuti e questo ci rassicura”.

Nel carcere di Siano entrava di tutto: droga, cellulari e anche soldi. Basti pensare che in 4 mesi sono stati registrati movimenti di denaro in ingresso per 35mila euro, presumibilmente riconducibili allo spaccio di sostanze stupefacenti all’interno dell’istituto penitenziario che era di fatto un “hotel”. Lo ha definito così un altro detenuto intercettato mentre quasi rimprovera gli agenti in servizio: “Appunta(to)… – sono le sue parole – qua comandiamo noi altri. Qua comandiamo noi altri… Te appuntato, fai il portapacchi, apri, chiudi”.

Il tutto è raccontato nelle 180 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip che, su richiesta della Dda di Catanzaro, ha arrestato 26 persone. Al di là del traffico di droga che avveniva dietro le sbarre, dall’inchiesta emerge quello che il procuratore facente funzioni Vincenzo Capomolla definisce “la gestione inquietante del carcere di Catanzaro”.

Tra gli arrestati, infatti, non c’è solo la direttrice del carcere, ma anche il comandante della polizia penitenziaria e due assistenti capo. Per altri cinque agenti della polizia penitenziaria, inoltre, il giudice per le indagini preliminari Gabriella Pede ha disposto l’interdizione dal lavoro per 12 mesi.

Agevolato il sodalizio esistente all’interno dell’istituto penitenziario

I reati contestati vanno dall’associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e all’accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti passando per il concorso esterno in tali associazioni, nonché istigazione alla corruzione, corruzione anche con l’aggravante mafiosa, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, procurata evasione, falso e truffa ai danni dello Stato. 

I pm non hanno dubbi: la direttrice Paravati, “mediante omessi controlli nel corso dei colloqui dei detenuti con i familiari, omessi controlli dei pacchi spediti dalle famiglie ai detenuti, violazione della disciplina inerente all’apertura e chiusura delle celle, nonché violazione della disciplina inerente al reparto ‘Alta Sicurezza’ e ai divieti conseguenti all’allocazione dei detenuti in detta sezione (come li divieto di colloqui con detenuti di altra sezione comune), ha consapevolmente agevolato il sodalizio esistente all’interno dell’istituto penitenziario, consentendo l’ingresso al suo interno di sostanza stupefacente e telefoni cellulari e anche il loro scambio proprio all’interno del carcere”.

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