12 novembre 2003, la strage di Nassiriya. 18 anni fa l’attentato al contingente italiano in Iraq

Caduti nassyria
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Cade oggi il diciottesimo anniversario della più grave strage che ha visto coinvolti soldati italiani dalla Seconda guerra mondiale: l’attentato di Nassiriya, cittadina nel sud dell’Iraq, base del contingente inviato dall’Italia dopo la guerra a Saddam Hussein.

Era il 12 novembre 2003. Il conflitto in Iraq era ufficialmente finito da sei mesi, ma una risoluzione Onu invitava tutti gli Stati a contribuire alla rinascita del Paese.

Il contributo italiano si concretizzò a partire dal 15 luglio in “Antica Babilonia”, una missione di peacekeeping con molteplici obiettivi: il mantenimento dell’ordine pubblico, l’addestramento delle forze di polizia del posto, la gestione dell’aeroporto e gli aiuti da portare alla popolazione.

Il Comando dell’Italian Joint Task Force si trovava a 7 chilometri da Nassiriya, nella base “White Horse”, non lontana da quella Usa di Tallil. Il Reggimento Msu/Iraq, composto da Carabinieri e polizia militare romena, occupava due postazioni: base “Maestrale” e base “Libeccio”, entrambe poste al centro dell’abitato proprio per mantenere un contatto ravvicinato con la comunità locale.

Erano divise da poche centinaia di metri. Per base “Maestrale”, chiamata anche “Animal House”, già sede della Camera di Commercio ai tempi di Saddam Hussein, quel 12 novembre sembrava una mattina come le altre. Almeno fino a quando sul compound piombò a tutta velocità un camion cisterna blu carico di esplosivo: dai 150 ai 300 chili di tritolo mescolati a liquido infiammabile.

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Andrea Filippa, il Carabiniere di guardia all’ingresso, riuscì a sparare e uccidere due kamikaze impedendo che il camion esplodesse all’interno e che le proporzioni della tragedia fossero ancora più grandi, ma la deflagrazione, con un terribile effetto domino, fece saltare in aria anche il deposito munizioni e le scene che si presentarono agli occhi dei primi soccorritori – i Carabinieri stessi, la nuova polizia irachena e gli abitanti di Nassiriya – furono raccapriccianti. Un inferno di polvere, fuoco e sangue. Con Andrea Filippa morirono i colleghi Massimiliano Bruno, Giovanni Cavallaro, Giuseppe Coletta, Enzo Fregosi, Daniele Ghione, Horacio Majorana, Ivan Ghitti, Domenico Intravaia, Filippo Merlino, Alfio Ragazzi e Alfonso Trincone.

Morirono i militari dell’Esercito Massimo Ficuciello, Silvio Olla, Alessandro Carrisi, Emanuele Ferrero e Pietro Petrucci, che scortavano la troupe di Stefano Rolla e il cooperatore Marco Beci; morirono anche Beci e Rolla,  impegnati nelle riprese di uno sceneggiato sulla ricostruzione del Paese. Morirono anche 9 iracheni. 58 persone rimasero ferite.       Là dove c’era il parcheggio, si era aperto un grande cratere: “Quel cratere è il nostro Ground Zero”, commentò il giorno dopo, arrivato sul posto, l’allora ministro della Difesa, Antonio Martino.

Iraq, in this Nov 12, 2003 photo. (AP Photo/Anja Niedringhaus/files)

La foto simbolo ​Nella prima foto della gallery, un soldato si aggiusta l’elmetto, davanti alla base sventrata: è lo scatto simbolo della strage di Nassiriya realizzato dalla fotoreporter Anya Niedringhaus, premio Pulitzer 2005 come giornalista di guerra in Iraq, uccisa in Afghanistan da un talebano con addosso la divisa delle forze di sicurezza governative nel 2014.

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