Vanessa Zappalà, il carabiniere che aveva raccolto le denunce: «Era diventata una sorella ma non ho potuto salvarla»

«È come se avessi perso una sorella minore. La morte di Vanessa mi ha lasciato un vuoto enorme». Chi vive e lavora al fianco del luogotenente Corrado Marcì gli ha sentito ripetere queste parole più volte dopo la terribile notte di Aci Trezza

Vanessa Zappalà domenica scorsa è stata assassinata con sette colpi di pistola dall’ex compagno Antonino Sciuto, che poi si è impiccato. Dalle pieghe dell’ennesimo femminicidio emerge la storia del rapporto fra Vanessa e il comandante della stazione di Trecastagni, il paese dove viveva la vittima. Un rapporto che ha consentito alla ragazza di resistere nella tempesta della paura, ma che non poteva bastare per

Le telefonate

Vanessa chiamava e Marcì rispondeva al cellulare, a tutte le ore del giorno. La linea era sempre aperta e diretta, senza passaggi intermedi o centralinisti a fare da filtro, così come prevede il protocollo per il «codice rosso». A volte Vanessa al telefono con il carabiniere non riusciva a trattenere le lacrime. «Un sant’uomo, un padre di famiglia», così lo descrive Carmelo, il papà di Vanessa che oggi potrà pregare sulla bara della figlia. La Procura non ha ritenuto necessaria l’autopsia e ha ordinato la restituzione della salma. I funerali saranno celebrati domani, alle 19, nel Santuario dei Santi Martiri Alfio, Filadelfo e Cirino a Trescastagni.

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Il luogotenente Macrì ha raccolto la fragilità di una giovane donna costretta a difendersi da un uomo violento e al contempo la sua forza e la voglia di resistere. Per gli abitanti di un piccolo comune come Trecastagni il comandante della stazione dei carabinieri è un punto di riferimento. Per Vanessa era qualcosa di più, era un fratello maggiore. Il militare che ha 48 anni, dieci dei quali trascorsi a Tremestieri, le dava i consigli per tentare di proteggersi da uno psicopatico che giurava di amarla ed invece si è trasformato in carnefice.

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