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Tragedia ad Agrigento: poliziotto uccide il figlio in piazza a colpi di pistola

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Una tragedia si è consumata a Raffadali, in provincia di Agrigento. Vincenzo Gabriele Rampello, 24enne, è stato ucciso in Piazza Progresso. L’autore dell’omicidio è stato il 57enne Gaetano Rampello, il padre, poliziotto in servizio al Reparto Mobile di Catania. Il giovane, che secondo le prime informazioni pare soffrisse di problemi psichici e che aveva precedenti per stalking, è stato freddato in pieno centro in mattinata. I Carabinieri sono riusciti a ricostruire in poco tempo la dinamica. Padre e figlio, infatti, avrebbero avuto l’ennesima lite dopo che il secondo avrebbe chiesto al primo del denaro. Da qui la discussione, rapidamente degenerata: prima le minacce, poi il tentativo di aggressione da parte del giovane e successivamente lo sparo del padre. Un primo sparo ha raggiunto la testa, poi altri otto colpi quando il giovane era a terra. Dopo i colpi inferti, l’uomo si è seduto su una panchina alla fermata dell’autobus, aspettando il pullman.

Raggiunto dai carabinieri della compagnia di Agrigento, coordinati dal maggiore Marco La Rovere e dal capitano Alberto Giordano, l’omicida ha confessato, e adesso è in stato di fermo.“Impensabile. Un fatto assurdo”. Lo afferma Giancarlo Consoli, capo del X Teparto mobile della Polizia di Stato, di cui faceva parte Gaetano Rampello, l’omicida. “A Catania – dice ad AGI Consoli – era in servizio dal 2001. Mai aveva dato problemi, e di servizi in sede e fuori sede ne aveva fatti tanti.

Spesso quando era possibile veniva aggregato alla polizia di Agrigento essendo lui di Raffadali. Sapevamo dei problemi con il figlio che era in cura psichiatrica e che spesso gli chiedeva soldi. Con lui spesso litigava. Era separato dalla moglie e viveva a Catania: aveva un carattere particolare, ma niente da far presagire un episodio così terribile”. 

“I recenti episodi di tragica ed inaudita violenza avvenuti in questi giorni in provincia di Agrigento hanno evidenziato malesseri profondi all’interno della società e delle famiglie, acuiti dal grave isolamento provocato dalla pandemia e non adeguatamente contenuti da un sistema socio-sanitario-assistenziale non sempre pronto ad erogare idonei servizi alla collettività.

Troppo spesso quelli che vengono definiti ‘gesti di follia’ – ha detto il procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, anche in riferimento alla strage di Licata di qualche giorno fa – sono il portato di conflitti sociali e familiari che il ‘sistema’, inteso in senso ampio e non escluso quello giudiziario, non è stato in grado di adeguatamente e legittimamente arginare e contenere”.

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