La speranza dei dipendenti pubblici di ottenere la liquidazione in tempi brevi e certi si è di nuovo infranta sullo scoglio dei conti. Con una nota di poche righe inviata alla Commissione lavoro della Camera, la Ragioneria generale dello Stato ha chiesto di fermare le proposte di legge bipartisan per ridurre da un anno a tre mesi il tempo di pagamento della prima rata del Tfs, il trattamento di fine servizio degli statali, aumentando anche l’importo di questo primo versamento da 50 mila a 63.600 euro.
A detta della Ragioneria i costi sarebbero altissimi: secondo i calcoli effettuati dall’Inps, la misura avrebbe un costo soltanto per quest’anno di 3,8 miliardi di euro. Un peggioramento dei saldi di finanza pubblica, ha scritto la Ragioneria, senza l’individuazione di una copertura
“Ho cercato di esperire tutte le vie per poter avanzare, anche progressivamente, nel senso delle proposte presentate e che condivido”, ha detto al Messaggero Walter Rizzetto, esponente di Fratelli d’Italia e presidente della Commissione lavoro della Camera. “L’impatto economico sui cosiddetti “flussi di cassa” è molto elevato e quindi cercheremo delle coperture, anche se indubbiamente l’importo necessario è decisamente elevato”, ha aggiunto.
Alfonso Colucci, deputato dei Cinque Stelle e firmatario di una delle due proposte di legge, ha annunciato battaglia. “Prendiamo atto dei rilievi della Ragioneria ma il Parlamento ha il dovere di intervenire dopo il pronunciamento della Consulta. Del resto, voglio ricordarlo”, aggiunge ancora il deputato, «parliamo di somme che i dipendenti pubblici hanno versato”
TFS STATATALI: L’INTERVENTO DELLA CONSULTA
- Pochi mesi fa, infatti, la Corte costituzionale era intervenuta, chiedendo al governo e al Parlamento di intervenire sui ritardi di pagamento del Tfs. I giudici avevano pesantemente censurato le norme che permettono di ritardare il pagamento della liquidazione ai dipendenti dello Stato, che oggi arriva comunque dopo un anno e a rate.
COME FUNZIONANO LE RATE
- La prima rata può coprire al massimo 50 mila euro; la seconda, dopo altri dodici mesi, fino ad un massimo di 100 mila euro e la terza, dopo ancora un anno, per la parte restante. I tempi però, si allungano ancora se il dipendente lascia il lavoro con uno scivolo pensionistico come Quota 100, Quota 102 o Quota 103, con un ritardo che può arrivare anche a cinque anni, per giunta senza interessi
LE CIFRE TOTALI
- L’Inps, nella sua relazione tecnica depositata in Commissione lavoro, ha spiegato che l’importo medio lordo dei cessati per vecchiaia o limiti di servizio è di 82.400 euro, quello per dimissioni è di 74.100, mentre quello per decesso, inabilità è di 66.800.
- L’importo medio lordo delle cessazioni per fine incarico (tipicamente Tfr per fine impiego dei supplenti della scuola) è pari a 1.800 euro. Nella loro sentenza, pronunciata dopo un ricorso del sindacato Confsal-Unsa, i giudici della Consulta, hanno spiegato che il differimento della corresponsione della liquidazione, ovvero del trattamento di fine servizio ai dipendenti pubblici che cessano l’impiego per aver raggiunto il limite di età, “è incompatibile con la Costituzione e il suo principio di giusta retribuzione”
LE SOLUZIONI BOCCIATE
- La Corte aveva bocciato anche le soluzioni introdotte fino a questo momento, come l’anticipo da parte delle banche con interessi “calmierati” ma che comunque ormai hanno raggiunto il 4 per cento. “Ancora una volta i dipendenti pubblici sono utilizzati come un bancomat per mantenere l’equilibrio dei conti pubblici. Un’ingiustizia”, ha dichiarato Massimo Battaglia, segretario generale di Confsal-Unsa.
LA SOLUZIONE PER I MILITARI
- Mentre la proposta sull’anticipo dei tempi del Tfs per tutti i dipendenti pubblici è stata bocciata dalla Ragioneria, si attende il riscontro anche su un altro progetto pendente in Commissione difesa. Il leghista Anastasio Carrà ha proposto di versare il Trattamento di fine servizio ai militari in un’unica soluzione. Un’operazione dal costo complessivo di circa 800 milioni di euro. Il parere dei tecnici del ministero dell’Economia sarà decisivo anche se il precedente della Commissione lavoro non lascia sperare.