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Polizia di Stato | Tempistiche per la corresponsione del TFS per il personale: la FSP scrive al Ministro dell’Interno

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Pensioni forze armate e polizia
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Pregiatissima Ministra, Illustre Capo della Polizia,
per tutti noi è un imperativo inderogabile osservare puntualmente le Leggi ed i Regolamenti dello Stato oltreché un onore servire il nostro Paese per il bene dei cittadini. A volte però diventa quasi impossibile esigere il “decoro” dai poliziotti e, contemporaneamente, calpestarne la “dignità” all’atto del loro collocamento in pensione.

Attraverso il servizio di un’intera vita, e dunque mediante la prestazione dell’attività lavorativa per 40 anni effettivi ed oltre, ogni poliziotto alimenta mensilmente il diritto alla retribuzione, alla misura previdenziale pensionistica ed al trattamento di fine servizio che, come noto, rappresenta parte del proprio compenso individuale.

Alcuni anni fa – ed in progress – per problematiche connesse all’esigenza di stabilizzare i conti pubblici, tale ultimo trattamento – volgarmente detto ‘liquidazione’ e meglio noto con l’acronimo TFS – ha cessato di essere corrisposto in concomitanza al pensionamento poichè sono state introdotte delle misure normative temporali, dilatorie e che progressivamente sono peggiorate, che oggi prevedono step rateali fino a tre anni. Sul punto l’Ufficio Comunicazione esterna Relazioni con i Media dell’INPS nazionale, con un comunicato stampa datato 26 agosto 2022 si è premurato di riassumere e divulgare la questione.

Tale comunicato – richiamato in questi giorni dai canali di informazione – funge di fatto, da ‘dito nella piaga’ poiché, ove ve ne fosse stato il bisogno, rammenta oltremodo ai poliziotti in pensione o prossimi ad essa che per disporre dei propri soldi con cui far fronte alle esigenze familiari rimandate per decenni, deve attendere ancora oltre 3 anni (a seconda dell’ammontare) oppure dovrebbe chiedere un vero e proprio ‘finanziamento’ (ex art. 23, DL n. 4, convertito dalla Legge n. 26, 28.03.2019) ad un Istituto di Credito convenzionato – mediante la compilazione della modulistica pubblicata dalla Repubblica Italiana sulla Gazzetta Ufficiale Serie generale – n. 221 in data 05.09.2020; Istituto bancario che, beninteso, potrebbe ‘concederli’ anticipatamente solo previo pagamento di una determinata percentuale di interessi bancari che va a dimagrire l’importo.

L’INPS, dopo avere informato per il tramite dei media, la cittadinanza italiana, di tali umilianti e farraginose ‘modalità’, si premura vieppiù di precisare che l’iter dev’essere preceduto dall’ottenimento di una specifica e indispensabile ‘certificazione’ che richiede più che meno 4 mesi2 di tempo.

Queste sono opzioni reali e le lungaggini minime con cui un poliziotto che va in pensione deve fare i conti per potere entrare in possesso del Trattamento di Fine Servizio, costituito da soldi di sua proprietà che egli si è accantonato mensilmente in una vita di lavoro.

Ma l’INPS, ancora, con zelo evidenzia che talora le succitate infinite tempistiche potrebbero allungarsi, peggiorando l’attesa, per causa della normativa che aggiunge 90 giorni di tempo per gli “adempimenti istruttori” di competenza dell’Amministrazione dell’Interno, durante i quali non matura alcun interesse di mora a favore del pensionato.

Questa è – oggi – la situazione per un Servitore dello Stato che dopo una vita di lavoro, spirito di abnegazione e sacrifici ineguagliabili, quando avrebbe finalmente in serbo di sanare un debito contratto anni prima per indispensabili necessità familiari o di fare fronte a qualche impegno finanziario in aiuto di un figlio o di un genitore, non lo può ancora fare perché lo sportello del magico ‘piggy bank’ in cui è contenuto il suo TFS ha una serratura la cui apertura è stata programmata, con una sorta di umiliante orologeria, 3-4 anni più tardi.

Di tale ‘anomalia’ se n’é reso conto la Sezione Terza Quater del TAR per il Lazio che con l’ordinanza n. 06223/2022 del 15 marzo 2022 (pubblicata il 17.05.2022), ha sospeso un giudizio amministrativo poiché ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale per contrasto con l’art. 36 della Costituzione.

Rammenta il TAR Lazio che la Corte Costituzionale ha più volte affermato il principio per il quale una misura quale quella in esame, per superare lo scrutinio di costituzionalità, non può riguardare un arco temporale indefinito, ma deve essere giustificato da una crisi contingente e deve atteggiarsi quale misura una tantum (sentt. n. 178 del 2015 e n. 173 del 2016).

La misura in questione, al contrario, pur legata a una situazione di crisi contingente non ha una durata prestabilita ma ha assunto un carattere strutturale (…) smarrendo “un orizzonte temporale definito” (cfr. Sentenza Corte Costituzionale n. 159 del 25 giugno 2019).

E dunque il TAR per il Lazio, ai sensi dell’art. 23 della l. 11 marzo 1953, n. 87, ha disposto
la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale affinché si pronunci sulla rilevante e non
manifestamente infondata questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 2, del d.l.
79/1997 e 12, comma 7, del d.l. 78/2010, per contrasto con l’art. 36 della Costituzione.

Nelle more di apprendere – speriamo presto – cosa dirà il Giudice delle Leggi, riteniamo
indispensabile che l’Amministrazione dell’Interno ponga in essere, motu proprio, ogni pregevole
iniziativa ed azione affinché per gli “adempimenti istruttori” di propria competenza i tempi di
realizzazione siano contenuti a pochissimi giorni, scongiurando così – quantomeno – l’ulteriore
protrarsi di lungaggini a carico dei poliziotti.
Con i sensi della più alta stima, si porgono distinti saluti

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