Polizia di Stato: dopo un calvario durato 13 anni scagionato il dirigente Massimo Improta

Polizia di stato massimo improta
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«Il fatto non costituisce reato»: si è pronunciata così, lo scorso 16 febbraio, la seconda sezione penale della Corte di Appello di Roma assolvendo, dall’accusa di falso ideologico, il primo dirigente della Polizia di Stato Massimo Improta.

Gugliotta, dopo 13 anni assolto Massimo Improta

Una vicenda giudiziaria durata 13 anni e scoppiata dopo che l’allora vice questore si trovò coinvolto nei disordini avvenuti al termine della finale di Coppa Italia Roma-Inter. Era il 5 maggio 2010 e Improta fu accusato di falso ideologico per aver convalidato il verbale dell’arresto – redatto alle 3.30 del 6 maggio di tredici anni fa – dell’allora 26enne Stefano Gugliotta. Il ragazzo quella sera non era all’Olimpico per assistere alla partita, fu tuttavia fermato da alcuni agenti del reparto Mobile in viale Pinturicchio mentre, con un amico, si stava dirigendo ad una festa. Fu picchiato e probabilmente scambiato per un altro tifoso ma all’Olimpico Gugliotta non era mai entrato. Il 26enne fu preso a manganellate come testimoniò anche un video e poi arrestato per resistenza a pubblico ufficiale. Sulla vicenda, negli anni si sono succeduti più processi. Il principale ha portato alla condanna definitiva di 8 agenti.

LA SENTENZA
La Corte di Appello, nel pronunciarsi sulla singola posizione di Improta, però ha ribaltato la sentenza di primo grado (condanna ad un anno e tre mesi con la pena poi sospesa e la non menzione) ponendo fine ad una lunga vicenda giudiziaria che ha visto anche due richieste di archiviazione e un’imputazione coatta. E da più fronti, a partire dai sindacati di polizia, arrivano commenti di plauso per il risultato. «Sono soddisfatto per l’esito dell’Appello e continuo il mio lavoro come ho sempre fatto. Ringrazio l’amministrazione della pubblica sicurezza per aver avuto comunque fiducia in me», commenta a caldo Improta, classe 1968, in polizia dall’età di 18 anni, figlio del Prefetto Umberto e fratello di Maurizio, (oggi Questore di Trento, assolto nel giugno scorso dall’accusa di sequestro di persona in merito alla vicenda di Alma Shalabayeva). Massimo Improta da sei anni dirige l’Upgsp – L’Ufficio prevenzione generale e soccorso pubblico – della Capitale.


LE REAZIONI
«Accogliamo con gioia la sentenza della Corte di Appello che ha assolto Massimo Improta – spiega Giuseppe Tiani segretario generale del Siap – Purtroppo dobbiamo constatare ancora una volta che il nostro lavoro ci espone ai quattro venti in un Paese in cui la giustizia e le sue procedure è particolarmente farraginosa. Va detto che quando uomini e donne che ricoprono ruoli e funzioni pubbliche sono noti anche il giudizio più favorevole non potrà riparare il disagio, la tensione, la mortificazione, le frustrazioni e il dolore che hanno vissuto».

Dello stesso pensiero Valter Mazzetti, segretario generale Fsp polizia di Stato che aggiunge: «La grande soddisfazione per la piena assoluzione di Massimo Improta, dirigente di altissimo profilo della polizia di Stato, è pari al rammarico per l’interminabile attesa di questa pronuncia, che ristabilisce pubblicamente la corretta valutazione dei fatti contestatigli, ma non potrà mai compensare l’enorme danno non solo umano ma anche professionale che in questi casi subisce un servitore dello Stato».

«La soddisfazione che proviamo per il felice esito della vicenda che ha visto coinvolto il nostro collega non può far venir meno la riflessione sulla necessità che le tutele legali per i funzionari di polizia debbano essere adeguate», prosegue Enzo Marco Letizia, segretario dell’Associazione nazionale funzionari di polizia. Per Domenico Pianese, segretario generale del sindacato di Polizia Coisp: «Finalmente è finito il lungo calvario al quale è stato sottoposto il nostro collega».

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