Militare ucciso a Roma, la supertestimone: “colpito con un pugno alla testa per un parcheggio”

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Un pugno alla nuca, sferrato con forza. Poi Danilo Lucente Pipitone è caduto a terra, accanto alla sua Panda bianca parcheggiata vicino a un cassone per gli abiti usati. Probabilmente lì ha sbattuto con violenza il volto a terra. E ha perso conoscenza.

È la ricostruzione degli ultimi istanti della misteriosa serata dell’infermiere dell’Esercito di 44 anni morto domenica pomeriggio all’Umberto I dopo quasi 48 ore di agonia. La polizia sta dando la caccia ovunque al presunto aggressore del sottufficiale, il 32enne tunisino Mohamed Abidi, con precedenti per droga, già arrestato nel 2015 dal commissariato San Giovanni in un’indagine per violenze sessuali e rapine a tre prostitute, anche se alla fine è stato assolto.

Un personaggio che a Centocelle descrivono come «violento e attaccabrighe», identificato nell’aprile 2018 dai carabinieri a Rieti. Sul movente dell’omicidio di Pipitone c’è il massimo riserbo da parte della Squadra mobile. Nel quartiere si fa largo la voce – ancora da confermare – che il sottufficiale (come peraltro era emerso in un primo momento) sia stato aggredito al culmine di una lite stradale: avrebbe parcheggiato in via dei Sesami, accanto al cassonetto giallo, occupando forse un posto auto che Abidi, considerato anche protettore di alcune prostitute della zona a luci rosse accanto a viale Palmiro Togliatti, considerava di sua proprietà.

Da qui la discussione poi degenerata, con il tunisino che – come del resto raccontato al Corriere dalla madre della vittima, Vita Poma – ha colpito il 44enne alle spalle. Ad assistere alla scena ci sarebbero state alcune persone, fra le quali almeno una prostituta.

Pipitone è crollato a terra e non si è più mosso. In tasca il portafoglio e il telefonino, a conferma del fatto che l’omicidio non sarebbe collegato a un tentativo di rapina, sebbene su questo punto non ci sia ancora certezza. Così come del resto sulla storia del parcheggio che appare comunque verosimile. Abidi viene ricercato in tutta Roma, ma anche nell’hinterland. Le note di ricerca con le sue foto segnaletiche sono state diramate in tutta Italia, con polizia e carabinieri che gli stanno dando la caccia. Attorno a lui ci sarebbe già terra bruciata, anche se non si può escludere che il 32enne possa aver trovato rifugio presso complici collegati agli ambienti della malavita.

Fra le persone sentite anche un suo amico italiano che aveva preso a noleggio la Fiat Cinquecento Abarth verde che qualcuno avrebbe visto allontanarsi da via dei Sesami quella notte. È possibile che Abidi fosse a bordo della vettura insieme con lui, ma quest’ultimo – interrogato in Questura – è stato poi rilasciato perché al momento sembra estraneo ai fatti, così come l’auto. «Spero che Mohamed si presenti presto per chiarire la sua posizione», afferma la compagna del ricercato, madre di due bambine, che abita proprio a due passi dal luogo dell’aggressione fatale all’infermiere.

La donna avrebbe sentito Abidi nella giornata di sabato scorso, poche ore dopo il pugno sferrato al 44enne, ma non avrebbe capito che il tunisino era rimasto coinvolto in un fatto di tale gravità. I due non sarebbero conviventi e il 32enne sarebbe di solito ospite di conoscenti. Una ricostruzione tuttavia per ora priva di conferme ufficiali, così come mancano elementi concreti per poter risalire al motivo per chi Pipitone, primo graduato (ovvero il vecchio grado di caporalmaggiore) che da anni risiedeva nella cittadella militare della Cecchignola dopo essere stato in missione in Niger e in Albania, come bersagliere e operatore socio sanitario, si trovasse fermo in auto in una strada a ridosso di viale Palmiro Togliatti, vicino al parco Madre Teresa di Calcutta, da tempo soprannominato nella zona il «parco della prostituzione».

roma.corriere.it

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