La famiglia di Stefano Cucchi chiede 2 milioni di risarcimento ai Carabinieri accusati di depistaggio

carabinieri Caso Cucchi

L’avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia di Stefano Cucchi, ha chiesto un risarcimento da oltre due milioni di euro e una provvisionale (cioè un anticipo immediatamente esecutivo) di 750 mila euro a conclusione del suo intervento nel processo a carico di otto carabinieri accusati di avere messo in atto depistaggi per sviare il corso delle indagini sulla morte del geometra trentenne, avvenuta il 22 ottobre 2009 mentre era sottoposto a custodia cautelare.

In un altro filone processuale, lo sorso maggio, sono stati condannati in appello due militari per omicidio preterintenzionale e altri due per falso. “Non ce la facciamo più”, ha affermato il legale, “siamo stati carne da macello per queste persone, ma noi siamo essere umani: è stato fatto di tutto per nascondere responsabilità gravi. Questa è stata una vicenda tremenda per la famiglia, per gli agenti della Penitenziaria, per lo Stato, e anche per l’Arma che è parte civile. Da questo processo è emerso che esistono tante parti sane nell’Arma”.

“I depistaggi su Stefano Cucchi”, aveva detto Anselmo in aula, “sono stati finalizzati, fin dal primo momento, ad allontanare qualsivoglia responsabilità delle istituzioni dello Stato sulla sua morte, quando Stefano era proprio nelle mani dello Stato. Depistaggi che hanno come principale motore e ‘anima nera’ nel generale Alessandro Casarsa”. L’avvocato ha inoltre fatto ascoltare in aula la registrazione dell’udienza di convalida del fermo, avvenuto per detenzione di droga, di Cucchi.

“Fa venire i brividi ascoltare Stefano: esce da quell’udienza per andare a morire. Cucchi era un ragazzo perfettamente sano, faceva palestra, era magro esattamente come sua sorella e nessuno rivedendo le sue foto direbbe che è una tossicodipendente”.”L’esame di Casarsa è una confessione – ha concluso Anselmo – di chi si sente al di sopra di tutto e di tutti, di chi mostra un amore viscerale per la carriera. E’ l’uomo operativo: si è tentato di farci credere che nessuno sapeva nulla, che le notizie venivano apprese dalla stampa. La cosa che più mi ha stupito in questo processo è che si è negata l’evidenza, la logica, fino alla fine”.

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