Dal 1° giugno 2025, Giovanni Brusca, l’ex boss mafioso che azionò il telecomando nella strage di Capaci, è tornato un uomo libero. Lo scorso 31 maggio ha terminato la misura di libertà vigilata, concludendo un percorso giudiziario durato 25 anni. Dopo l’arresto nel 1996, Brusca aveva avviato un’importante collaborazione con la giustizia che gli ha permesso di accedere ai benefici previsti dalla legge per i collaboratori di giustizia.
Brusca, noto anche come “lo scannacristiani”, fu condannato per centinaia di omicidi, tra cui l’assassinio del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo, e degli agenti della scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani, avvenuto il 23 maggio 1992 sull’autostrada A29 nei pressi di Capaci, a seguito dell’esplosione di 500 kg di tritolo. Fu lui a premere il telecomando che innescò l’attentato, diventando uno dei simboli più spietati della ferocia mafiosa degli anni ’90.
Giovanni Brusca libero: la reazione delle famiglie delle vittime: «È come se non fosse mai successo nulla»
La notizia ha provocato profondo sconcerto e amarezza tra i familiari delle vittime, in particolare Tina Montinaro, vedova del capo scorta di Falcone, Antonio Montinaro. In un’intervista all’Adnkronos, ha espresso il proprio dolore:
“Il ritorno in libertà di Giovanni Brusca ci amareggia molto, moltissimo. Questa non è giustizia per i familiari delle vittime. È come se non fosse mai successo niente.”
Montinaro, oggi presidente dell’associazione “Quarto Savona Quindici”, che porta il nome dell’auto di scorta distrutta nell’attentato, ha aggiunto:
“Ha collaborato, sì, ma non bisogna dimenticare che i collaboratori sono comunque criminali. Non sono diventati persone per bene. In questo modo noi familiari non ci sentiamo rispettati.”
La legge e la memoria
La liberazione di Brusca segue quanto previsto dalla normativa italiana sul trattamento dei collaboratori di giustizia, che prevede sconti di pena e benefici per chi fornisce un contributo concreto all’attività investigativa. Grazie alle sue dichiarazioni, furono arrestati diversi latitanti e scoperti importanti dettagli su Cosa Nostra.
Ma la sua uscita dal sistema penale riapre inevitabilmente un dibattito profondo tra legalità, giustizia, memoria e dolore. Un equilibrio fragile tra la necessità dello Stato di ottenere verità e quella delle famiglie delle vittime di vedere riconosciuto, anche simbolicamente, il prezzo del sangue versato.