È stata archiviata l’indagine per truffa militare aggravata nei confronti di un sottufficiale dei Carabinieri, comandante di una stazione in provincia di Bologna, finito sotto inchiesta nel 2023 dopo essere stato denunciato da un superiore.
Secondo l’accusa, il militare avrebbe percepito indennità economiche per ore di lavoro non effettivamente prestate, ma le indagini difensive hanno dimostrato l’infondatezza delle imputazioni.
A renderlo noto è il Nuovo Sindacato Carabinieri (NSC), attraverso il segretario regionale dell’Emilia-Romagna, Giovanni Morgese, che ha espresso soddisfazione per la decisione del GIP di Verona, su richiesta della stessa Procura militare.
Due episodi e un presunto danno da meno di 41 euro
I fatti contestati risalgono al 2023. In una prima occasione, il militare sarebbe arrivato al lavoro con qualche minuto di ritardo rispetto a quanto dichiarato, generando – secondo l’accusa – un danno erariale di 26 euro.
In un secondo episodio, avrebbe lasciato la caserma per circa dieci minuti, nel corso di un turno pomeridiano, per recuperare i figli all’uscita di scuola, situata nelle immediate vicinanze della stazione.
In questo caso il presunto danno contestato era di 14,72 euro.
Secondo la difesa, rappresentata dall’avvocato Emanuela Rijllo, specialista in diritto militare, si è trattato di un travisamento dei fatti.
Le indagini difensive hanno chiarito che il sottufficiale non ha arrecato alcun danno all’amministrazione, né ha tratto vantaggio personale.
L’uscita dalla caserma per esigenze familiari, in particolare, è stata considerata compatibile con il servizio e senza alcuna alterazione delle ore lavorative.
Archiviazione e ringraziamenti del sindacato
La richiesta di archiviazione è arrivata dalla stessa Procura inquirente, che ha riconosciuto la totale insussistenza degli elementi di reato. Il carabiniere è stato inoltre assolto dall’accusa di ingiuria a inferiore, altra ipotesi avanzata nel corso dell’indagine.
«Ringraziamo l’avvocato Rijllo per la sua professionalità e il risultato ottenuto – ha dichiarato Morgese –.
Questo caso ha dimostrato come un’attività difensiva efficace possa ristabilire la verità anche quando ci si trova di fronte a procedimenti vissuti con profonda amarezza da parte del lavoratore e della sua famiglia».